In occasione delle celebrazioni per il 40° anniversario dell’uccisione mafiosa di Peppino Impastato, sabato 5 maggio verrà inaugurata la mostra R-esistenze del fotografo Giulio Di Meo. L’esposizione, curata dall’Associazione AsaDin e dall’Associazione Peppino Impastato, si terrà presso la storica sede di Radio Aut a Terrasini, in provincia di Palermo. Radio Aut, autofinanziata e libera, fu fondata nel 1977 da Peppino Impastato che, attraverso la trasmissione “Onda Pazza a Mafiopoli”, attaccava e denunciava con ironia e sberleffi le losche attività dei mafiosi di Cinisi e Terrasini. “Noi ci dobbiamo ribellare. Prima che sia troppo tardi! Prima di abituarci alle loro facce! Prima di non accorgerci più di niente!”. Questo il suo messaggio: la sua voce rompe il silenzio contro la paura e l’omertà, nella speranza di una Sicilia senza più ingiustizie e illegalità.
CHI ERA GIUSEPPE IMPASTATO, DETTO “PEPPINO”?
Figlio di Luigi Impastato, noto esponente della mafia locale, Peppino rifiutò fin da giovane il codice comportamentale impostogli dal padre e si ribellò con coraggio, gridando tutto il suo dissenso alla criminalità e all’ingiustizia. Credendo davvero di poter cambiare le cose e di portare una rivoluzione attraverso la sua lotta contro la mafia, si candidò alle elezioni comunali di Cinisi, nella lista di Democrazia proletaria. Prima ancora di conoscere l’esito delle votazioni però, venne ucciso nella notte tra l’8 e il 9 maggio 1978. La mattina seguente, l’omicidio – di chiaro stampo mafioso – venne fatto passare per suicidio e le attenzioni degli italiani ricaddero sul ritrovamento del cadavere di Aldo Moro, presidente della democrazia cristiana. La madre e il fratello di Peppino presero le distanze dal resto della famiglia per far luce sul caso e, appoggiandosi al “Centro Siciliano” e a Democrazia proletraria, organizzarono il 9 maggio 1979 la prima manifestazione nazionale antimafiosa nella storia d’Italia, in cui parteciparono circa 2000 persone provenienti da tutto il Paese. Dopo quasi venticinque anni dalla sua morte, giustizia è stata fatta: i colpevoli del delitto, Gaetano “Tano” Badalamenti e Vito Palazzolo, entrambi esponenti di Cosa Nostra, vennero processati e condannati. Con la sua morte, Peppino Impastato ha scosso le coscienze degli italiani e risvegliato il coraggio della gente, dimostrando che non bisogna aver paura di rompere il silenzio affinché ogni battaglia possa essere vinta. “La mafia uccide, il silenzio pure.”
R-ESISTENZE: LA MOSTRA
Le immagini della mostra R-esistenze riprendono temi cari a Peppino: i diritti umani tolti ai deboli di tutto il mondo; la privazione di ogni libertà; la costrizione a vivere in povertà e a subire violenze. Ma sono presenti anche istantanee di chi si oppone a tutto questo, di chi lotta e si ribella contro soprusi e prepotenze, per il rispetto della dignità e dell’umanità.
Immagini di chi lotta per la libertà, per il diritto alla terra e alla produzione, per l’educazione e l’istruzione, per il diritto alla salute e alla vita, per la cultura e l’informazione, contro qualsiasi forma di discriminazione e ingiustizia.
Fotografie di chi resiste e fa memoria, per informare, sensibilizzare e costruire, con il ricordo di eventi anche dolorosi del passato, un futuro di speranza e dignità.
Le immagini della mostra raccontano di campi profughi, di occupazioni urbane e rurali, di agricoltori e pescatori, operai e disoccupati, di disastri ambientali e land-grabbing, di embargo ed espropriazioni. Dalle favelas agli accampamenti del MST in Brasile, dai campi profughi Saharawi alle campagne cubane, dal deserto uzbeko alle montagne curde.
Da Monte Sole a Portella della Ginestra, fino a Cinisi.
Perché – se, come diceva Peppino, “La mafia uccide, il silenzio pure.” – non bisogna mai smettere di rompere il silenzio, di raccontare, di ricordare.
Perché fare memoria significa fare Resistenza. Fare Resistenza significa decidere da che parte stare.
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