L’AQUILA… VITA, EMERGENZA E RICOSTRUZIONE

Workshop di fotografia sociale con Danilo Garcia Di Meo e Giulio Di Meo

25/26/27 giugno 2021

“È inutile stabilire se Zenobia sia da classificare tra le città felici o tra quelle infelici.
Non è in queste due specie che ha senso dividere la città, ma in altre due: quelle che continuano attraverso gli anni e le mutazioni a dare la loro forma ai desideri e quelle in cui i desideri o riescono a cancellare la città o ne sono cancellati.”

Italo Calvino, Le città invisibili, 1972

C’era una volta…L’Aquila. Qualsiasi racconto ambientato in un territorio colpito dal sisma inizia, inevitabilmente, con uno sguardo a quello che ‘c’era’.

Raccontare questa città cercando di cancellare il terremoto sarebbe, infatti, una pretesa irreale. Ci sono eventi drammatici che indicano un punto di svolta nella vita collettiva ed individuale; lo stiamo sperimentando con la pandemia, iniziando a parlare di vita pre e post-covid. Il terremoto, per gli Aquilani, rappresenta un altro evento che rende necessario parlare di vita prima-e-dopo.

Passeggiando per il centro e i paesi vicini accompagnati dagli abitanti, ci viene descritta la città che esisteva prima, la bellezza di quei vicoli e le vite che li hanno abitati. Tutti sottolineano che, con quello che ci troviamo davanti oggi, L’Aquila non c’entra nulla. Ci vuole un grande sforzo d’immaginazione per vedere L’Aquila che non c’è.

In città, si ha l’impressione di entrare in un grande cantiere, un labirinto di strade chiuse e ‘sipari’ tra cui sbirciare un vecchio palazzo affrescato o muratori che si arrampicano su alte impalcature. La gente del posto sembra essere abituata, noi ci spaventiamo ad ogni rumore e siamo disorientati dai teli anticaduta che ricoprono tutto ciò che non è strada: è una città sospesa nel tempo, tra un passato che non può e non vuole dimenticare e in attesa di un futuro incerto. È necessario uno sforzo continuo per immaginare sia com’era, sia come sarà.

Il corso è stata l’occasione per fermarsi e osservare cos’è, oggi, L’Aquila.

L’Aquila è il pastore Osvaldo, che, qualche giorno dopo il terremoto, ha fatto pascolare le sue pecore tra le macerie di Onna, e che, oggi, tiene ancora alcune delle pecore in una stalla vicino a quello che rimane del vecchio paese, semplicemente perché gli piace, anche se ‘non si fa più il formaggio’.

L’Aquila è Luca, che ha imparato ad orientarsi tra i cantieri perché, appena è stato possibile, ha aperto, insieme a colleghi e amici, SpazioPraxis, un coordinamento di diverse associazioni in pieno centro storico. L’Aquila sono gli amici del circolo Arci di Collebrincioni (di cui la metà si chiama Angelo, perché una volta ‘usava così’) dove l’accoglienza non si predica, ma si pratica, sotto forma di un piatto di amatriciana e una partita a carte.

L’elenco potrebbe continuare, perché le persone incontrate ci hanno travolto con la voglia di raccontare la loro terra, sopperendo all’assenza di luoghi fisici che lo facciano per loro. Le fotografie che abbiamo raccolto vogliono essere testimonianze della resistenza sincera che abbiamo incontrato, alimentata dall’amore per il proprio territorio, da ideali e visioni di comunità che nessuna scossa ha fatto e può far crollare.

La macchina fotografica ha permesso di osservare le persone dietro le macerie e non di cadere nel tranello dell’empatia superficiale ‘da telegiornale’, quella che sparisce con l’arrivo della pubblicità o, nel nostro caso, con il ritorno a casa.

Non possiamo parlare di un’Aquila mai conosciuta, e che neanche i giovani Aquilani hanno mai visto, ma ricorderemo le persone di oggi, le realtà sociali che gli abitanti hanno costruito, spesso senza (e, a volte, nonostante) le istituzioni.

In questo periodo in cui la paura ci contagia e ci fa ammalare di individualismo, storie come queste sono un efficace vaccino per reagire ad un’attesa paralizzante, e tornare a costruire concretamente un ideale di società. Così, il ‘c’era una volta’, potrà tornare ad essere, per tutti, nuovamente un inizio e non più un triste epilogo.

Ringraziamo tutti gli Aquilani che si sono raccontati di fronte a noi che, in questo periodo, avevamo bisogno di esempi di resistenza.

Giulia Pantò

Workshop organizzato in collaborazione con SpazioPraxis, Arci l’Aquila, Ass. Territori e Teatrabile.

Fotografi: Barbara Banchelli, Antonia Bretschkow, Emanuela Corazziari, Antonella Longobardi, Giulia Pantò, Laura Raite, Mattia Scarsella, Samanta Sinistri, Nicola Violetto.

Docenti: Danilo Garcia Di Meo e Giulio Di Meo

Musica: “Vita” dall’album Fado Meridiano per gentile concessione di Angelo “Lillo” Quaratino