NELLA VALLE DEL NAR  

Laboratorio di fotografia documentaria con Giulio Di Meo, Gabriele Cecconi e Nicola Sacco

20/23 agosto 2020 | Alta Valle del Nera (Umbria)

Difficile descrivere a parole questa esperienza. Si rimane subito a bocca aperta davanti alle bellezze della natura, unite a quelle della storia, e si rimane senza parole davanti ai segni più che mai presenti dell’ultimo terremoto avvenuto nel 2016, vere e proprie fratture sia architettoniche e soprattutto emotive. Meno difficile invece, cogliere con le immagini questi luoghi. Ed è quello che, grazie a tre professionisti appassionati, i fotografi Giulio Di Meo, Gabriele Cecconi e Nicola Sacco, abbiamo fatto lo scorso Agosto, in quattro giorni che ci sono sembrati molti di più, data la grande intensità di ciò che abbiamo vissuto.

La prima tappa del nostro workshop è stata Norcia, punto di confine tra la Valnerina e i Monti Sibillini, la cui storia risale fino al Neolitico. Ci siamo trovati davanti ad un bellissimo borgo di origine medievale, molto affascinante. Da fuori quasi non si nota, basta varcare una qualunque delle porte di accesso al centro e il cuore si stringe: all’interno del borgo infatti sono più che evidenti le ferite degli ultimi terremoti, avvenuti nel 2016. Tra le più rilevanti, la Basilica di San Benedetto, quasi completamente distrutta. Il numero degli edifici solamente messi in sicurezza è drammaticamente superiore a quello di quelli ricostruiti. Molti sono i muri con crepe, ognuna delle quali è numerata e monitorata. Ma quello che fa più impressione è la gente: bastano 2, 3 parole di saluto e subito ci raccontano le loro storie. Chi il proprio presente, chi il proprio passato, chi i propri rimpianti, chi un pizzico di speranza. Con tanta emozione e commozione. Tutti ci salutano allo stesso modo: ringraziandoci di esserci, di volerli raccontare, di voler portare in evidenza queste zone, la loro bellezza e ricchezza. Non vogliono essere abbandonati.

Norcia – Fotografia di Patrizio Broggi

Seconda fermata del nostro viaggio del primo giorno è a Campi, paese frazione di Norcia. O quanto meno, quel che resta di Campi. Anche in questo caso le ferite del terremoto sono più che evidenti: il borgo medievale, strategicamente costruito sul cucuzzolo, non esiste più. Zona super rossa, visibile dal basso in tutta la sua distruzione. Un paese devastato dal sisma ma che non crolla, grazie ad una comunità tenuta insieme dalla grande determinazione di Roberto Sbriccoli, che ci accoglie con un grande sorriso presso la struttura antisismica della Pro Loco di Campi. Una struttura inaugurata pochi giorni prima della scossa del 24 agosto 2016. Indossa una t-shirt con il logo della Pro Loco: “Back to Campi”, geniale trovata frutto della sua creatività. Anche lui ci racconta com è andata, come, “grazie” alla scossa del 24 agosto, i cittadini di Campi, radunatisi tutti in tale sede, sono scampati alle conseguenze, altrove drammatiche, della scossa del 30 ottobre. Roberto ci e si racconta, si commuove, sorride. Ci dà un esempio della enorme resilienza che questa gente dimostra. Pranziamo presso la Pro Loco, il cibo è gustoso, abbondante e di grande qualità. E poi andiamo in giro per foto. È difficile non alzare lo sguardo verso il cucuzzolo in cui si trova la zona rossa. Così come è difficile guardare le SAE, Strutture Abitative di Emergenza, come case definitive. Eppure sono abitate, vediamo sorrisi, bimbi che giocano, cani a spasso con i padroni, spaccati di una vita quotidiana fatta di grande dignità.

Il giorno successivo incontriamo Giovanni, un giovane e appassionato produttore di formaggi presso la località Apagni, a Sellano. Tutta la sua famiglia è impegnata in questo lavoro. Guardandoli e ascoltandoli, quello che emerge è il grande amore che hanno nei confronti di ciò che fanno. A turno partecipiamo alla lavorazione che dal caglio porta al formaggio. Con orgoglio Giovanni mostra il risultato e noi testimoniamo il momento con i nostri scatti. Successivamente andiamo a conoscere i personaggi principali di questa attività: gli animali. Ci dividiamo tra la parte delle pecore e quella delle mucche, rischiando, grazie alla grande curiosità e simpatia di queste ultime, di essere leccati da loro. Conosciamo anche gli altri protagonisti, senza i quali la sopravvivenza delle pecore sarebbe difficile: i cani. Giovanni ci porta a conoscere il nonno, omonimo sia nel nome che nella passione, il gregge e i Pastori Maremmani che lo vegliano, gli unici capaci di fronteggiare i lupi. E ancora due Pastori Belgi, il cui compito è quello di dirigere il gregge. Ci danno una dimostrazione della loro abilità, facendo rimanere di stucco quasi tutti noi. Anche in questo caso, la cosa che traspare di più è l’amore nel racconto e nel coccolare questi lavoratori pelosi. Tornati al caseificio, Giovanni ci mostra il suo tesoro: le stanze in cui risposano le forme di formaggio. Ce ne sono di varie forme, di varie stagionature. Il profumo è inebriante, non ci tiriamo indietro all’offerta di un assaggio. Giovanni accarezza con gli occhi e con le mani le sue “creature”, quelle della seconda stanza sono già tutte vendute e grazie al passaparola e alla promozione fatta dalla famiglia stessa. Il pranzo è organizzato e condiviso con loro, fatto, dicono, alla buona. E meno male, perchè ci hanno portato così tante cose buone che il pranzo si è rivelato una esperienza incredibile, indescrivibile per la bontà. Su tutto, le mini ricotte fatte la mattina stessa. Siamo tornati alla base colmi di questa giornata, dell’ottimo cibo e con gli zaini profumati per i formaggi acquistati.

Apagni – Fotografia di Francesca Ragusa

Sabato sveglia presto e partenza alla volta di Castelluccio. La famosissima piana, anche questa frazione di Norcia, nel 2020 letteralmente assaltata dai turisti durante il periodo della fioritura. Come ci affacciamo, dall’alto, su di essa, ammiriamo il sole farsi spazio tra la nebbia, regalandoci un panorama mozzafiato. Scendiamo fino alla parte in pianura, verso il nostro primo appuntamento con Pietro, un giovane pastore rumeno che passa metà anno a lavorare letteralmente in mezzo al nulla e l’altra metà a casa, con la sua famiglia. La sua casa qui è una roulotte, piccola, dignitosa, in cui ha tutto quello che può servirgli. Gli fanno compagnia tre gattini, curiosi di vedere tutti noi, pronti a ricevere le nostre coccole senza alcuna paura. Pietro ci racconta la sua storia, si presta pazientemente a farci da modello, divertito da tutta la nostra attenzione e i nostri scatti. Racconta anche lui il terremoto, ci fa vedere il video che, dal suo nulla, ha fatto durante la tremenda scossa. Il suo volto giovane e molto abbronzato ci dice molto di più della sua età anagrafica. Lo abbiamo ringraziato e salutato facendoci la foto di gruppo distanziata.

Ci aspetta poi la visita a quel che resta di Castelluccio, altro centro abitato terremotato. Zona rossa anche qui, i militari a guardia antisciacallaggio, la Protezione Civile da una parte, pronta ad intervenire. Ed esercizi commerciali organizzati in strutture prefabbricate, qualcuno in forma mobile, con il proprio furgone aperto per mostrare i prodotti locali in vendita. Anche in questo caso parlare con le persone ci porta sulle note già sentite: contenti di vederci, di sapere che vogliamo testimoniare la loro esistenza, i luoghi. Il tepore del sole, unito all’altitudine e alla sveglia precoce ci fanno fermare per gustare le prelibatezze del luogo. In breve tempo e con sommo piacere, soddisfiamo la vista, il gusto e l’appetito. I negozianti con cui parliamo, a volte sono inizialmente un po’ ritrosi nel farsi fotografare. Ma quando specifichiamo loro che siamo lì per documentare, allora parte il racconto. Gli sguardi, i gesti, le emozioni. Qualche lacrima, qualche ruga, sorrisi. Discorsi che fanno riflettere tanto, a lungo. E anche dimostrazione della forza, della determinazione ad andare avanti nonostante tutto e tutti.

Il pranzo si svolge presso uno dei ristoranti di Castelluccio, davanti a noi la piana, tutta da ammirare. E anche questa volta siamo alle prese con le golosità locali. Facciamo i buoni propositi di tenerci leggeri…. durano pochi secondi: non appena leggiamo i menu, non possiamo fare a meno di ordinare più di quanto avevamo in mente. E quindi gustarlo. E digerirlo. Dato che fa caldo, non è un grosso problema rimanere in panciolle fino al pomeriggio, che poi panciolle non è perchè parliamo di arte, fotografia, progetti, esperienze. Riscendiamo nella piana e andiamo a trovare il maneggio, una delle attrazioni turistiche attuali. Intorno ad esso pascolano dei cavalli selvatici, magnifiche bestie senza paura. I turisti vanno a fare le passeggiate, i bimbi montano sui pony portati a spasso dai genitori, qualcuno rigoverna i cavalli di rientro. Chi monta per la prima volta, chi è già esperto, lo staff che assiste tutti, tra un pizzico di routine e tanti sorrisi. Prima del tramonto ci fermiamo di nuovo in cima alla strada che si affaccia sulla piana, per cogliere ancora la bellezza del luogo. Ultima tappa della giornata: una salita in sterrato fin quasi in cima ad una delle montagne vicino Castelluccio, da cui si vede un panorama magnifico e si possono incontrare cavalli selvatici.

La valle di Castelluccio – Fotografia di Federico Elia

Domenica, ultimo giorno del workshop, cambiamo atmosfera, destinazione Cascia e il suo Santuario. Passiamo dal raccontare le emozioni della Natura a quelle di chi ha fede. Pur essendo anch’essa in zona sismica, a Cascia i segni del terremoto sono quasi inesistenti. Ci sparpagliamo in giro per il paese e per il Santuario. Purtroppo a causa del COVID le visite al Monastero di Santa Rita sono sospese, possiamo entrare in alcune zone del Santuario, nella Basilica, nella Basilica inferiore e pochi altri luoghi. Il turismo religioso, pur condizionato dalle norme per il virus, è molto presente. C’è chi, come un gruppo di suore dell’America Latina, scatta selfie di gruppo a tutto spiano, chi si raccoglie in preghiera, dimentico della folla intorno, chi aspetta con pazienza di entrare nella Basilica, chi ne esce per tornare a casa, chi aspetta il proprio turno per confessarsi, chi non vede l’ora di mangiare qualcosa. Il caldo, la stanchezza e l’accumulo di emozioni di questi giorni si fanno sentire, quando ritorniamo alle auto siamo tutti abbastanza cotti. Ci aspetta l’ultima parte del workshop, l’editing finale, a valle di quelli effettuati nei giorni precedenti. Torniamo alla base e ci mettiamo al lavoro. Selezione foto, editing del giorno e finale per ciascuno di noi, qualche “ripescaggio” di foto in prima battuta scartate. Il tutto per arrivare al prodotto finale: un portfolio per ciascuno di noi, contenente la miglior sequenza ragionata. Successivamente, la selezione da parte dei tre docenti, di alcune foto per ciascuno dei partecipanti, per formare il lavoro collettivo messo in forma video.

Guardare le foto di ogni partecipante è una esperienza formativa potente, commentarle insieme aiuta alla crescita dell’“occhio” e della sensibilità di ognuno. Ascoltare i pareri dei nostri tre docenti è stato un ulteriore arricchimento. Tutta la fatica di questi giorni viene ricompensata ampiamente da questi “frutti”, per non parlare poi dell’interazione all’interno del gruppo: ci si dà una mano, ci si scambiano pareri, suggerimenti, scelte. Ci si conosce subito nel profondo, mostrandosi gli uni gli altri con la propria visione del mondo, mettendola a disposizione del gruppo. Quello che ognuno riporta a casa è davvero tanto. Si torna cresciuti, cambiati, a volte turbati.

“Grazie di essere qui” e “non dimenticateci”. Il nostro lavoro finale è la risposta.

Emanuela Corazziari

Fotografie di: Alessia Marotta, Doralice Renzi, Emanuela Corazziari, Fabrizio Bertolini, Federico Elia, Francesca Ragusa, Maria Paola Gentile, Marina de Luca, Marina Mussapi, Paola Dondoli, Patrizio Broggi.

Docenti: Giulio Di Meo, Gabriele Cecconi e Nicola Sacco.

Musica: Canto di Daniele Di Bonaventura tratta dall’album Sine Nomine

www.danieledibonaventura.com