Il fotografo Giulio Di Meo organizza, in collaborazione con Witness Journal, un nuovo corso di fotografia sociale sul quartiere “ISOLA” di Milano. Il workshop rientra in un progetto fotografico ben più ampio, avviato ormai da qualche anno, il cui obiettivo è quello di raccontare attraverso il mezzo fotografico i quartieri di Milano, protagonisti nel corso degli ultimi anni di forti trasformazioni territoriali e sociali. Queste realtà, spesso conosciute nell’immaginario collettivo solo attraverso grigi stereotipi e luoghi comuni, raccolgono invece colorati ed emozionanti racconti di vita comune. Il corso ha quindi l’obiettivo di guidare i partecipanti nello sviluppo di un progetto fotografico personale ed è rivolto a coloro che vogliono avvicinarsi ad un modo nuovo di intendere e interpretare il “reportage sociale”. Il workshop si svilupperà in due week-end, durante i quali si analizzeranno le diverse fasi necessarie alla realizzazione di un reportage: l’idea, la pianificazione del progetto, il lavoro sul campo, l’editing e la presentazione finale del progetto.
Il quartiere
“Sì, Milano è proprio bella, amico mio, e credimi che qualche volta c’è proprio bisogno di una tenace volontà per resistere alle sue seduzioni, e restare al lavoro. Ma queste seduzioni sono fomite, eccitamento continuo al lavoro, sono l’aria respirabile perché viva la mente; ed il cuore, lungi dal farci torto non serve spesso che a rinvigorirla. Provasi davvero la febbre di fare; in mezzo a cotesta folla briosa, seducente, bella, che ti si aggira attorno, provi il bisogno d’isolarti, assai meglio di come se tu fossi in una solitaria campagna. E la solitudine ti è popolata da tutte le larve affascinanti che ti hanno sorriso per le vie e che son diventate patrimonio della tua mente.” (Giovanni Verga)
Quartiere popolare a nord del centro cittadino, “Isola” deve il suo nome ai cambiamenti urbanistici che, nel corso del tempo, l’hanno separata dal resto della città. Eppure i suoi abitanti, gli isolani, sembrano amare quest’atmosfera di confine, vi si aggirano come dentro un paese a sé dove, appena si mette piede, la tensione si allenta, i rumori si attutiscono e la gente cammina nelle strade e siede ai bar per incontrarsi. Già nel 1865 la costruzione della ferrovia interrompeva l’antica via commerciale fra Como e Milano, che da Corso Como, passando per PortaComasina oggi Porta Garibaldi, proseguiva per via Borsieri e Thaon de Revel. Le due parti della città, che allora andavano lentamente formandosi, furono divise e per colmare il tracciato interrotto fu costruito il Ponte della Sorgente, sovrappasso dell’attuale via Farini, a testimonianza della comune presenza di risorgive sul territorio.
“Ieri sera, verso le otto, camminavo bicicletta alla mano lungo il cavalcavia Bussa a Milano – una sopraelevata accanto alla stazione Garibaldi, in cui la città si spacca all’improvviso e si apre come le accade rare volte: a destra, dietro la sagoma colorata del vecchio acquedotto, potevi intravedere i nuovi grattacieli attorno a piazza Gae Aulenti; mentre a occidente il sole era quasi del tutto tramontato, e sopra il cratere dei binari e degli ultimi treni in partenza il cielo si era fatto blu acciaio, con un solo frammento più chiaro e una sfumatura di fiamma, come l’angolo bruciato di una fotografia. Era un bel momento, ero quasi felice, anche solo per il fatto di trovarmi lì; mi sono fermato un istante a guardare.” (Giorgio Fontana)
Dal 2007, l’Isola è ancora una volta al centro di una forte trasformazione: il progetto Porta Nuova guarda alla vicina EXPO 2015 come un conto alla rovescia oramai inarrestabile. L’intervento punta a un’ambiziosa opera di riqualificazione dei quartieri Garibaldi, Isola e Varesine con il ripristino della coesione che un tempo caratterizzava il tessuto urbanistico fra le tre zone, prima dello spostamento della Stazione Centrale da Piazza della Repubblica e della conseguente edificazione della nuova Stazione Garibaldi. E’ una storia fatta anche di espropri, di spazi in movimento, vuoti e pieni che stanno gradualmente rivoluzionando la geografia umana del quotidiano. Non può essere un caso che l’Isola si volti verso il neo-grattacielo più alto d’Italia, l’Unicredit Tower, dai ballatoi operai delle sue case di corte o dai terrazzi signorili di uno splendido palazzo in stile Liberty. I comitati di quartiere si battono da anni per una gestione consapevole degli spazi di utilità pubblica. Celebre è il caso del Bosco di Gioia, abbattuto nel 2006, in difesa del quale sono scesi in campo anche Rocco Tanica, isolano, e il suo gruppo, Elio e le Storie Tese. Oggi vi sorge il nuovo Palazzo Lombardia realizzato con un investimento di oltre 500 milioni di euro.
Fra gli altri spazi scomparsi, ma che è possibile ripercorrere e ricordare, si annoverano il Cimitero della Mojazza e la Cascina della Magna, al fondo di via Sebenico. Il primo è l’antico cimitero dell’Isola, così chiamato per le caratteristiche del terreno su cui sorgeva, fortemente imbevuto d’acqua e di conseguenza molto fangoso. Vi furono sepolti personaggi illustri quali Cesare Beccaria, Giuseppe Parini, Melchiorre Gioia e Francesco Melzi d’Eril. L’intera struttura faceva capo alla vicina Chiesa di Santa Maria alla Fontana, mentre l’ingresso era in via Perasto, allora conosciuta come strada della Magna, da cui il nome di un’ampia area incolta a est dell’Isola, luogo di ritrovo per i giovani, unico spazio all’aria aperta, lontano dai malconci cortili delle abitazioni popolari del quartiere. Il cimitero venne soppresso il 22 ottobre 1895 con l’apertura del Monumentale, in cui furono trasferiti i resti dei personaggi più famosi sepolti alla Mojazza.
“Se io avessi a resuscitare, io per me prima d’ogni altra cosa desidererei d’esser uomo dabbene; in secondo luogo d’essere uomo sano, di poi d’esser uomo d’ingegno, quindi d’esser uomo ricco.” (Giuseppe Parini)
L’area a prato della Magna fu invece drasticamente ridotta a seguito dei bombardamenti del ’43, adibita a deposito di macerie (come Piazza Archinto) e destinata a scomparire definitivamente con l’edificazione di nuovi edifici che ora fronteggiano il Palazzo della Regione. Del resto più all’Isola che in altri quartieri di Milano, il tessuto edilizio è stato ed è lo specchio delle trasformazioni sociali in atto. Le antiche vie di commercio che hanno dato i natali a Silvio Berlusconi e su cui affacciano palazzi simbolo del razionalismo milanese, sono state il cuore stesso del quartiere operaio in lotta e dei movimenti partigiani e antifascisti, oggi commemorati dal monumento ai caduti per la resistenza di piazzale Segrino e dalle numerose lapidi che decorano i portoni di molti isolani. Qui si adoperarono uomini grandi come Don Eugenio Bussa, il parroco che, durante la Seconda Guerra Mondiale, aiutava famiglie di ebrei e immigrati, creando spazi e possibilità soprattutto per i giovani. Accanto a lui nella memoria, vivono anche le figure mitiche di Ezio Barbieri e Sandro Bezzi, protagonisti del crimine milanese negli anni Quaranta. Gente che, leggenda vuole, usciva dall’Isola per far rapine e assalti ai portavalori tornando con il bottino da spartire tra chi ne avesse bisogno. Il dilagare della delinquenza era il risultato della miseria lasciata dalla guerra nel quartiere.
Da allora molto è cambiato: le generazioni, le etnie, il lavoro, il territorio. Ciononostante sembra essersi preservata da qualche parte un’idea, forse un senso d’identità comune che vuole sopravvivere al futuro di vetro-cemento in Porta Nuova. Ne sono prova le associazioni, i comitati, i progetti comuni della cittadinanza come la Ciclofficina Stecca di via De Castilla, un laboratorio pubblico per l’autoriparazione delle bici; la libreria indipendente Let Mots, che resiste in mezzo ai giganti dell’editoria proponendo reading e festival di strada; il neonato spazio di verde condiviso Isola Pepe Verde; il caso della recente occupazione artistica autogestita della Torre Galfa di Macao; i graffiti del sottopasso nella Stazione Garibaldi Escoadisola.it; illaboratorio di lotte e percorsi culturali Pianoterra; l’Arci Metissage; il programma di residenza artistica di VIR Via-Farini-in-Residence al 35 di via Farini.
Eppure, il modo migliore per conoscere Isola resta quello di camminarci dentro, osservandone gli scorci in bilico fra passato e futuro, lasciandosi conquistare dal suo celebre mercato, fra i racconti dei vecchi artigiani e le opere dei nuovi artisti, prendendo un caffè o un bicchiere di vino in compagnia seduti al tavolo di uno dei suoi tanti bar.
Programma
Il corso sarà diviso in diversi momenti: una parte teorica, una parte pratica e una di critica e selezione dei lavori. Alla fine del workshop verrà realizzato un lavoro collettivo con le migliori foto dei partecipanti.
Lezioni Teoriche
Introduzione al reportage; storia e sviluppo del reportage in Europa e in USA
Reportage del quotidiano: come raccontare e perchè
Atteggiamento del fotografo: il rispetto, l’importanza del dialogo
Costruzione della storia: ordine logico e sequenza narrativa
Preparazione e presentazione di un portfolio
Editing: critica e selezione di gruppo dei lavori
Date del workshop
Sabato 13 giugno 2015 Parte teorica – ore 10:00-13:00 Uscita fotografica – ore 14:00-18:00
Domenica 28 giugno 2015 Uscita fotografica – 10:00-14:00 Editing finale – ore 14:00-18:00
Prezzo:300 €
Prodotti finali:Realizzazione di una mostra e di un multimedia con il lavoro collettivo ed eventuale pubblicazione del lavoro finale su Witness Journal.
Requisiti:Il workshop non richiede conoscenze fotografiche tecniche specifiche o avanzate ma solo che i partecipanti abbiano già fatto, a qualsiasi livello, fotografia.
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