Ieri sera, verso le otto, camminavo bicicletta alla mano lungo il cavalcavia Bussa a Milano – una sopraelevata accanto alla stazione Garibaldi, in cui la città si spacca all’improvviso e si apre come le accade rare volte: a destra, dietro la sagoma colorata del vecchio acquedotto, potevi intravedere i nuovi grattacieli attorno a piazza Gae Aulenti; mentre a occidente il sole era quasi del tutto tramontato, e sopra il cratere dei binari e degli ultimi treni in partenza il cielo si era fatto blu acciaio, con un solo frammento più chiaro e una sfumatura di fiamma, come l’angolo bruciato di una fotografia. Era un bel momento, ero quasi felice, anche solo per il fatto di trovarmi lì; mi sono fermato un istante a guardare.
Giorgio Fontana
Qualcuno era già andato e i pochi rimasti, prima di congedarsi ognuno verso casa, avevano deciso di sfruttare le luci del tramonto per gli ultimi scatti della giornata. Fu così che ci ritrovammo a sostare lungo il cavalcavia Bussa. Era deserto a quell’ora, le luci del tramonto milanese coloravano l’orizzonte, libero dalle sagome dei palazzi, nel silenzio della strada ferrata appena sotto i nostri piedi.
Si caro Giorgio, anche noi lo abbiamo provato. Anche noi siamo stati rapiti dal fascino di quel momento così lontano dalle voci e dalla musica che riecheggiavano attraverso i chopper e le macchine d’epoca, tra gli stand di tatuatori, corpulenti parrucchieri, basettoni che spuntavano da dietro bancarelle dove teschi e croci padroneggiavano forgiati in anelli e collane. Il tutto immerso in un viaggio tra gli anni ‘50 ed oggi che solo una settimana prima popolava il cavalcavia. Non un evento estemporaneo, Isola è il primo quartiere per centauri. Le Officine hanno aperto i battenti nel 2009 grazie a un gruppo di amici appassionati delle due ruote con il sogno di offrire motociclette esclusive e personalizzate, ispirate allo stile old school. Una vera sartoria artigianale dove i meccanici costruiscono su misura motociclette che lasciano senza fiato anche chi di motori non capisce nulla.
Perché Isola è anche questo. Un quartiere che si è sviluppato lungo l’antica strada che da Milano portava fino a Como. L’antico tracciato è costituito attualmente da corso Como e dalla vecchia via Borsieri che un tempo comprendeva anche l’attuale via Thaon di Revel. Un percorso che venne interrotto nel 1865 quando vi si costruì in mezzo la ferrovia, dividendo nettamente le due parti della città che ancora stavano lentamente sorgendo. Crocevia di relazioni umane ed economiche, tra fine ottocento e novecento ha iniziato a crescere come sede di attività industriali e artigianali, e come luogo di residenza di operai e ceti medi, per effetto della vicinanza delle ferrovie e dei treni merci. Oggi non ha più uno scalo merci attivo ma ospita la stazione passeggeri Garibaldi che separa il quartiere dal centro della città.
Un quartiere che sta vivendo un processo di ristrutturazione con progetti immobiliari di grandi dimensioni realizzati dentro i suoi confini. Simbolo di questa trasformazione è Piazza Gae Aulenti che, con il suo spazio polifunzionale in legno e cemento al confine tra la piazza e i Giardini di Porta Nuova, le torri che la circondano e la scalinata che si affaccia sulla stazione di Porta Garibaldi, offre interessanti spunti architettonici per gli amanti delle linee e delle forme geometriche. Ambientazione perfetta per eventi sportivi, come il torneo di schiacciate di basket e gli improvvisati spettacoli di giovani rapper all’ombra di uno stereo portatile, mentre i bambini corrono scalzi tra i suoi spruzzi d’acqua. Anche la pioggia non ferma la sua vivacità: ci si raduna tra i portici, fermandosi a bere caffè, a giocare con le “trombe” dorate che collegano i piani interrati alla superficie e consentono di sentire i suoni del sotto suolo. La pioggia non ferma nemmeno i parkouristi che, più in là verso l’inizio di via Farini, in un susseguirsi di muretti e corridoi, ci intrattengono fra chiacchere e acrobazie. Isola è anche un quartiere di artigiani, di spazi condivisi, dove il nuovo si fonde con il vecchio.
Così è sempre bello ritrovarsi ad ammirare il bosco verticale con la casa di ringhiera al suo fianco ed il suo banano al centro della corte, o scoprire nuove realtà come il laboratorio dove vengono riciclati materiali in ferro e in rame per essere lavorati e diventare oggetti di arredo per la casa. Tornare alla ciclofficina, nei laboratori di liuteria e sciarpe in feltro, alla stamperia, riattraversare il mercato e fermarsi a riposare tra gli orti dell’isola al pepe verde, dove il nostro fisarmonicista ci riconosce suonando nuovamente per noi. Verso l’ora dell’aperitivo il quartiere si anima attorno ai locali, andando avanti fino a sera inoltrata con un bicchiere in mano, ascoltando musica dal vivo suonata sul marciapiede accanto ai tavolini o rilassandosi all’interno di un cortile nella cornice offerta da disegni che decorano le pareti e le edere che svogliatamente scendono sulle finestre del locale.
Per conoscere i luoghi e le persone che li abitano, non bastano poche ore, neppure qualche giorno. Per questo siamo tornati, perché i rapporti si costruiscono nel tempo. Quando questo accade, è allora che scopri l’essenza del viaggio.
Andrea Mancuso
Non c’è viaggio senza che si attraversino frontiere – politiche, linguistiche, sociali, culturali, psicologiche, anche quelle invisibili che separano un quartiere da un altro nella stessa città, quelle tra le persone […]. Viaggiare non vuol dire soltanto andare dall’altra parte della frontiera, ma anche scoprire di essere sempre pure dall’altra parte.
Claudio Magris
Fotografie di: Fulvio Arbasi, Silvia Brambilla Matilde Castagna, Emanuele Cristallo, Valentina De Lorenzis, Eugenio Gianotti, Davide Gloria, Laura Grana, Andrea Mancuso, Laura Pezzenati, Cristina Tagliabue.
Assistenti: Matilde Castagna, Laura Pezzenati.
Musica: Dickens Mad Dash | The Underscore Orkestra
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